Il minuscolo Oratorio di S. Nicola, in cui Don Eduardo da fanciullo ricevette la soda formazione religiosa, e che diede agio alla sua vocazione sacerdotale di sbocciare, è il campo prediletto del suo apostolato. Fu questo piccolo tempio che farà risplendere il suo zelo di apostolo e si prodigherà instancabilmente fino alla morte. Fu questo campo fecondo, consacrato all’educazione religiosa della gioventù di Piano, dove egli era caduto come un seme trasportato sulle ali del vento, era germogliato e, crescendo rigogliosamente, aveva prodotto frutti abbondanti e profumati. [...] Egli stesso adoperava queste immagine e ripeteva spesso, davanti alle aspirazioni altrui di glorie terrene: “Son rimasto, dove son caduto”. Ed era stato la mano provvidenziale del Signore ad assegnargli questo piccolo campo, giacché egli, leggendo nel futuro conosceva perfettamente il bene che un tale fedele operaio avrebbe operato nella sua vigna. Il giorno stesso della sua prima Messa, il suo vecchio zio (il canonico Don Michele Castellano) l’aveva richiesto come aiuto al suo fianco nella piccola Cappella. Don Eduardo aveva desiderato l’invito e con il consenso dell’Arcivescovo aderì con entusiasmo alla chiamata che vedeva venire dall’alto. Ecco come egli ne scrive al suo diletto Ferdinando: “Sono stato assegnato alla Cappella di San Nicola per la direzione dei giovanetti, ed ieri feci loro il primo fervorino per la comunione”. Queste parole prese così da sole non dicono molto, è vero, ma chi osserva i fatti, che testimoniano a tutti lo zelo del suo ministero in S. Nicola, sente in esse come l’inizio di un grandioso inno ...
(Don Alfredo Ammendola, Un pescatore di anime, cenni biografici del Can. don Eduardo Mastellone).
Don Eduardo diede tutto per il piccolo oratorio e per l’accoglienza dei fanciulli di Piano. Quando fu nominato sacerdote, sabato 17 dicembre 1892, all’età di 27 anni, fu subito assegnato come coadiutore dello zio Canonico Michele Castellano, presso la Congrega di Spirito di San Nicola, sorta nel 1875. Alla morte dello zio, quattro mesi più tardi, e conclusi gli studi teologia, guidò le sorti della piccola congregazione, dandone i connotati di oratorio, sul modello guida di Giovanni Bosco scomparso a Torino da soli 5 anni. Don Eduardo si diede subito da fare: dopo i primi lavori nel 1912 (l’allargamento della cappella con la costruzione della nuova sacrestia e l’acquisto di un campo adiacente), nel 1926 diede il via a nuovi lavori: un’ampia sala per gli incontri al coperto e l’adattamento del campo a cortile per i giochi all’aperto.
In meno di tre anni i lavori furono ultimati. La struttura dell’Oratorio, così come la conosciamo tuttora, era completata ... Il seme gettato in questo lembo di penisola sorrentina aveva dato frutti di grazia ... Don Salvatore Branca, nell’omelia del primo aprile 2008, nel giorno in cui ricorre la memoria di don Eduardo, ha ricordato come dobbiamo essere grati anche a figure come queste, che hanno lavorato nell’ombra e che oggi sono a noi quasi sconosciute: è la schiera del popolo di Dio che silenziosamente ha prodotto e portato frutti di grazia che dopo ottant’anni sono ancora presenti e vivi nel nostro paese ...
Ed è l’occasione di questo libro ad aprirci nuovamente la mente a chi prima di noi ha cullato un sogno, realizzando e creando un luogo che ha fatto da “padre, amico, maestro” a generazioni di Carottesi, una città intera cresciuta in quelle sale, in quel campetto che senza l’ardore di un “piccolo-grande” sacerdote sarebbe stato ridotto, chissà, ad un fienile ... E’ questa l’occasione per ricordare e festeggiare non tanto l’istituzione, ma tutti gli uomini che hanno “vissuto” un pezzo della loro giovinezza in queste sale ... perché in fondo questa è un po’ la storia di tutti quanti noi ...
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