Come noto e come attestato da diversi scrittori di storia locale, nella nostra Regione era diffuso l'uso di celebrare il Capodanno con i tradizionali fuochi pirotecnici e gettando dalle finestre, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, svariati oggetti. Ma c'era anche l'uso ( e tutt'ora in buona parte persiste ) di cantare la "Canzone de lo Capodanno". Nel cantare tale canzone si ricorreva all'uso di alcuni strumenti caratteristici : tamburelli, "scietavaiasse", putipù ed altri che producevano un fracasso, non fastidioso, ma piuttosto buffo e piacevole. Don Alfredo Ammendola nel suo romanzo "Il Dolce Nido" - storia romanzata della Città di Piano di Sorrento - ricordava l'esistenza di una canzone di Capodanno che si ripeteva nelle famiglie carottesi a fine anno. Secondo il sacerdote, che a San Nicola ha prestato per decenni la sua instancabile opera, la canzone è senza dubbio nata proprio a Piano di Sorrento, come confermato anche dalla pregiatissima opera di Manfredi Fasulo "La Penisola Sorrentina", cronistoria pregiata della Costiera. Fermo restando che in altri angoli della nostra terra, il testo è cantato con leggere differenze, resta un patrimonio insostituibile, che per il quarto anno, dopo gli auguri di fine anno e il bilancio promosso dal governo del Sodalizio, si ripete a san Nicola domani sera, dalle ore 18.00.
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