"I Dubbi dell'amore" è l'appuntamento con il teatro che andrà in scena il prossimo 30 luglio. La commedia che sarà messa in scena dai giovani della compagnia dell'Oratorio di San Raffaele di Arola (Vico Equense) s'inquadra nel filone che sinora tanto successo ha portato all'autore, Raffaele Caianiello, poliedrico regista di numerose pièce teatrali, nate nella realtà di Grazzanise dove vive e opera: un contesto umano popolare ed esilarante che vede la famiglia ed i sentimenti umani come perni della narrazione, evidentemente con tutti gl'intrecci - talvolta mirabolanti – che la relazionalità sentimentale fa apparire inevitabili. Certo, si riderà, ci si divertirà non poco. Ma non mancheranno, come sempre nelle opere caianielliane, le riflessioni di conseguenza e la constatazione di quell'arguto "sentire" e "rapportarsi" che il teatro comico sa sfoderare, illuminando squarci di realtà che sovente ci sfuggono o sui quali la "corsa del nostro tempo" fa tabula rasa.
L'autore a precisa domanda su che cosa spinga una persona ad avvicinarsi al teatro risponde: "il senso dell'avventura. Si ha del concetto d'avventura un che di esotico, di misterioso e lontano, come se ancestralmente fosse rimasto il bisogno di evadere dal quotidiano andando in paesi sconosciuti, verso terre e genti da scoprire. Invece l'avventura è rintracciabile dentro di noi e consiste nella necessità di conquistare orizzonti che sazino l'ansia d'infinito, quasi per raggiungere una frontiera i cui confini siano continuamente spostati in avanti e siano oltrepassati per andare sempre più in là. Qualcuno direbbe, a ragione, verso l'ultimo destino: l'eternità.
Lo stimolo a fare o verificare il teatro è un viaggio incontro a un ignoto che ci è compagno, con il quale dobbiamo convivere, combattere una lotta che è conquista: conquista di noi stessi. Non occorre essere tecnicamente "grandi" per vivere il sogno teatrale; in fondo è sempre presente il senso della favola che si viveva da bambini, quando il teatro era la realtà e il "facciamo che"… occupava lo spazio naturale del gioco che esigeva tutta la fede e l'adesione. È di tutti fare teatro! Perciò vi è tanta gente che lo ama e lo desidera, lo accosta e lo sente come proprio; e non importa se i carismi tecnici sono carenti. Ciò che ciascuno prova nell'intimo sono i valori della fantasia, del transfert, del racconto vissuto e dell'imitazione di un'altra esistenza che diventa la nostra, alla quale si affidano tutte le valenze che, a poco a poco, si trasformano in autenticità Ecco, il teatro è l'avventura perenne di scoprire gli altri, e con loro, noi stessi: per possederli/ci. Gli altri sono coloro che tecnicamente chiamiamo personaggi: inventati cioè dalla fantasia, cui si dà il nostro corpo e la nostra anima. Se pensiamo che l'avventura sia facile, sbagliamo. È una delle imprese più ardue e rasenta addirittura la creazione. Diciamo, infatti, che l'autore crea i personaggi che vivono le sue vicende e l'attore ricrea dentro di sé la verità di colui che incarna. L'incontro tra la verità del personaggio e la disponibilità ad accoglierlo dell'attore fa sorgere il teatro"
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